La Muda di San Boldo veniva appaltata dalla Comunità di Belluno ai migliori offerenti; negli Atti e provvigioni del Maggior Consiglio di Cividal di Belluno, che contengono le deliberazioni degli organi di governo della città, si trovano documentati la serie dei Mudari ai quali fu appaltata la Muda e gli interventi di restauro che nel tempo furono commissionati e pagati dalla città di Belluno.
1428: la Comunità di Belluno acquistò a San Boldo da Antonio Tatulino di Trichiana una casa coperta a paglia con annessi tabià, stalla e curtivo per 150 lire. Al momento attuale l’instrumento di compravendita, rogato dal notaio Antonio Doglioni, è l’atto notarile più antico riguardante San Boldo.
1434: si riportano i nomi di alcuni dei Mudari più antichi: Nicolò de Morgano (1434), Francesco Sertena di Frontin (1435), Memore da Pasa (1436), Giovanni de Paris (1439), Sabina Calderaro (1661-63 – una donna nella gestione della Muda),…
1470: Marco da Polpet ottenne licenza di aprire a San Boldo un’osteria – hospitia. È noto che fin dal Medioevo non solo lungo le strade di maggior passaggio, ma anche in zone più isolate, lontane da paesi e poco ospitali, come ad esempio i valichi montani, o comunque in aree strategiche, venivano istituiti degli hospitia, che servivano come osteria, albergo per i pellegrini e viandanti e ricovero per ammalati.
1475: le case di San Boldo vennero restaurate e tre anni dopo le spese sostenute, 915 lire e 13 soldi, vennero approvate dal Maggior Consiglio di Belluno (interessante risulta la descrizione dei materiali utilizzati e dei relativi prezzi). L’edificio viene descritto dallo studioso Luigi Alpago-Novello con “il lato verso sera aperto con tre arcate di portico corrispondenti alle tre bifore del primo piano, e tra bifore ed arcate tre stemmi scolpiti in pietra, i quali erano, da sinistra a destra, prima quello della città di Belluno, poi il leon di San Marco in maestà o, volgarmente, a moleca, e quindi lo stemma della casa patrizia Venier, rappresentata dall’allora podestà e Capitanio di Belluno Lorenzo, le cui iniziali L e V sono incise ai lati dello stemma”.
1553: le case sono sottoposte ad un intervento radicale di restauro e parziale ricostruzione; i lavori furono affidati al maestro Batista de Uregne in base ad un modelo e per l’importo di 50 ducati. Di estremo interesse è la supplica presentata da maestro Batista de Uregne, contenente la descrizione dei lavori e del materiale necessario.
1590: il tetto di paglia della stalla della Muda viene restaurato in quanto era “in disordine, tutto disconzo, piovoso et in pericolo”.
1593-1596: i fabbricati di San Boldo necessitano ancora di riparazione: deve essere restaurato il tetto, la stua e la stalla – “acconzar li quandri della stua, et far altri conciari di sopra necessarij, et di accomodare le magnadore nelle stalle“.
1600: i lavori di restauro della casa e dell’hosteria furono affidati allo stesso Mudaro, Simonet Brancher; vengono autorizzati anche altri lavori nella casa e nella restauratione della chiesa, che era un semplice altariolo.
1604-1608-1609-1610-1611: vengono eseguiti altri restauri, in particolare vengono sistemate le stanze della Muda utilizzando laste, “riaccomodare il coverto di quelle stantie si che non piova“, ed ancora una volta viene sistemato il tetto della stalla “rifare a buon tetto di paglia et con buon legname non dovendosi in modo alcuno metter legname di fagaro perchè poco durabile“.
1665: vengono annotati i pagamenti per la sistemazione della stalla e di altre cose; “breghe di pezzo n.90 … breghe di larese 5 per le porte … per far longarenti … in un legno di larese per far una bamba … 5 legni di pezzo per filet bandelle e colmo … 4600 mane di paglie“.
1668: le case di San Boldo ed i ponti che “servono al canale” necessitano ancora di interventi; viene affidata ad Odorico Piloni la sorveglianza su tali lavori.
1682-83: vengono nominati tre consoli per redigere l’inventario della Muda.
1683: il conte Guido Brandolini tenta di aprire un’osteria vicino alla Muda, cosa che arrecherebbe grave danno alla Comunità di Belluno; per cui viene inviato a Venezia Brandolino Pagani per discutere sulla lite con il conte di Valmareno. L’anno dopo si trovò un accordo: venne affittata l’osteria e la Muda di San Boldo al conte Guido Brandolini per 6 anni (dal 1685); e il conte diede tutto in gestione al suo uomo di fiducia, Simon Cattel.
1698: il restauro di “case, stalle et fabriche della Muda di San Boldo” viene affidato al Mudaro Simon Cattel. Anche altri interventi furono dallo stesso realizzati negli anni 1707-1715.
1732: la comunità di Belluno concede in affitto alla Muda per lire 46 al mese e l’osteria per lire 7 al mese; si tratta della prima volta in cui si parla di affitto dell’osteria. L’osteria di San Boldo, negli Atti e provvigioni del Maggior Consiglio di Cividal di Belluno, compare per la prima volta nel 1613 e per la seconda nel 1732; anche se la Muda e l’osteria dovevano rappresentare una cosa unica ab immemorabili.
1769-1783: vengono ancora ricordati interventi di restauro delle case e viene coperta a laste la stalla.
1800: si ritrova un preventivo di presa per interventi sull’osteria di San Boldo con i relativi prezzi; “travi per il stallone n.8 … tole per far il solaro n.80 … cogarenti per il coperto a lasta … lasta per il coperto“.
la Muda di San Boldo passò di proprietà dei conti Brandolini, ma al momento attuale non è stato ritrovato l’atto di vendita.
1830: a 900 m dal passo una pietra confinaria segnala il confine del territorio di Trichiana da quello di Tovena e riporta in una faccia la scritta “Trichiana 1830”, nell’altra “Tovena 1830”; quindi probabilmente a tale data la Muda di San Boldo era nella giurisdizione trevigiana dopo molti secoli di giurisdizione bellunese.
1880: venne promossa, proprio dal medico Luigi Alpago-Novello, l’istituzione di una latteria estiva, succursale di quella di Cison di Valmarino e venne annessa all’osteria, verso settentrione.
1915-18: fino all’inizio del ‘900 l’antica Muda-osteria di San Boldo era rimasta sostanzialmente la stessa del 1476, purtroppo dopo la guerra fu sottoposta ad un restauro che fece sparire ogni traccia delle tre arcate del pianterreno e delle bifore quattrocentesche del primo piano. In ricordo dell’antica costruzione restano comunque i tre stemmi in pietra.
1957: La famiglia Marian, prima d’allora alle dipendenze, acquista dai conti Brandolini la Muda, al tempo denominata Trattoria Da Teresa.
1980-1993: Il Passo San Boldo viene chiuso per lavori. A risentire del disagio tutta la località e l’Osteria Da Teresa. Durante la chiusura del passo, L’Osteria riesce a sopravvivere con grandi sacrifici e anche grazie ai pasti preparati quotidianamente per i 30 operai occupati nel restauro delle Gallerie.
2007: Vendita e restauro. L’interno dell’osteria ritorna al 1470.
2009: Riapertura dell’Osteria con il nuovo nome: La Muda
Giugno 2014: Enrico e Federica rilevano l’Osteria La Muda
IL RESTAURO
Pur avendo subìto diversi interventi nel corso della sua storia, l’edificio che risale al XV secolo, fino all’inizio del ‘900 era rimasto essenzialmente così come descritto nel 1476, purtroppo dopo la guerra 15-18, fu sottoposto ad un intervento di restauro che chiuse le tre arcate del pianterreno e le bifore quattrocentesche del primo piano, mentre sono tuttora visibili i tre stemmi in pietra.
Tuttavia, ha mantenuto alcuni elementi di indubbio pregio storico ed architettonico:
- le tracce dell’antica rotonda databile 1476-1477;
- il larin e l’arco in mattoni pieni, realizzati nel 1700. Infatti, originariamente, la grande stanza del larin era divisa in due stanze più piccole, separate da un muro portante. Nel 1700 venne rimossa la rotonda esterna e con la realizzazione dell’arco in mattoni si creò un’unica grande stanza con al centro il larin;
- l’intonaco originale del XV-XVI secolo, ritrovato dopo la rimozione di circa 5 cm di strati successivi di intonaci e malte. In alcune porzioni di intonaco originale, nella zona bar, sono stati ritrovati antichi graffiti realizzati dai zattieri durante il loro passaggio;
- le travi del solaio ligneo originale del XV-XVI secolo;
- una porzione di porta ad arco in pietra e un piccolo forno;
- una fondazione in pietra e calce risalente al tardo medioevo, osservabile nella zona bar.